La prostituzione in mostra. Niente vetrine, ma sorrisi appena accennati, sguardi ammiccanti, gonne fruscianti. Il meretricio nell’arte del XIX secolo era fatto di sottintesi e l’esposizione “Easy virtue. Prostitution in French art 1850-1910” guida i curiosi a coglierli. Non potendo essere mostrato esplicitamente – pena il rifiuto del dipinto da parte di committenti e gallerie – il mestiere più antico del mondo lasciava fosse lo spettatore a coglierlo dalle tele degli impressionisti, che attingevano a questo tema a piene mani. I motivi sono facilmente spiegati: nella Parigi della seconda metà dell’Ottocento, brulicante di scapoli, la prostituzione – considerata “un male necessario” – prosperava (vi erano spinte molte donne, il cui lavoro è sempre sottopagato, per arrotondare) e gli impressionisti, interessati agli aspetti più oscuri e scomodi della realtà, ne erano attratti.

La mostra – frutto della collaborazione del Van Gogh Museum di Amsterdam, che ne è lo scenario, con il Musée d’Orsay di Parigi – accompagna il visitatore attraverso i luoghi di incontro delle prostitute con i loro clienti: caffè e teatri (compresa la prestigiosa Opera di Parigi) dove spesso cameriere, ballerine e attrici offrivano il loro corpo per assicurarsi la protezione di qualche altolocato, e ovviamente la strada. Dalla diffusione dell’illuminazione pubblica a gas, le prostitute popolano i boulevards, alla ricerca dei clienti. Alcune cortigiane, le cosiddette cocottes, diventavano le mantenute di intellettuali, politici e regnanti d’Europa accumulando ricchezze notevoli. La storia si ripete.
La stampa illustrata le mette al centro dei suoi racconti e disegni, il grande romanzo dell’Ottocento francese ne rappresenta pensieri e sentimenti in modo realistico: tutte le arti fanno delle prostitute le loro protagoniste. Ma sono i pittori impressionisti a osservarle con più attenzione nei diversi aspetti della loro vita: Rops mostra i check-up medici e i trattamenti igienici a cui venivano sottoposte, trattate come bestiame dalla polizia nella dilagante fobia delle malattie veneree, di cui erano considerate il veicolo principale; Chabaud scruta il pesante trucco che le priva di identità; Toulouse-Lautrec, che i bordelli li conosce bene, rappresenta la vita quotidiana di questi luoghi; Van Gogh le trova “dannatamente belle” e le ritrae come espressioni del proprio tempo; Forain usa il tema come strumento di denuncia dell’ipocrisia borghese.

La mostra, per offrire un quadro completo dell’argomento, comprende anche alcuni “strumenti del mestiere”: una confezione di preservativi d’epoca, frustini e cataloghi illustrati delle ragazze per i clienti delle case di tolleranza, oltre a fotografie erotiche e spezzoni del primo film pornografico della storia, del 1910.
“Easy virtue. Prostitution in French art 1850-1919” è al Van Gogh Museum fino al 19 giugno.