CULTURE

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Do Ho Suh, opere che sanno di “casa” e nostalgie quotidiane

Dal 17 maggio al 29 settembre 2019, il Museum Voorlinden ospiterà la prima mostra personale in Olanda dell’artista sudcoreano Do Ho Suh. Nato nel 1962, Suh è interessato al modo in cui l’essere umano si rapporta agli spazi che vive e al significato dietro all’idea di essere “a casa”.

Le sue installazioni architettoniche cercano di entrare nella sfera intima dello spettatore evocando ricordi personali ed esperienze vissute all’interno di questi spazi privati. Le repliche delle case in cui l’artista ha vissuto durante la sua vita, realizzate tutte a mano e ricreate nei minimi dettagli, catturano un’esperienza che sfuma i confini tra il mondo reale e quello onirico. Ispirato dalle sue esperienze personali, il suo lavoro trascende il carattere puramente biografico e tocca temi universali come l’appartenenza, la memoria, l’identità e la migrazione. All’esposizione del Voorlinden ci saranno installazioni scultoree, modelli in scala, disegni e video dell’artista.

Spazio e identità

Anche se estremamente scenografica, la sua arte crea in realtà un’atmosfera intima, in cui la connessione tra spazi e identità non è trascendibile. I luoghi e le strutture ricreate dall’artista non sono mai di per sé già costituite ma si creano e trasformano tramite l’esperienza personale di chi le attraversa. Suh cerca di raggiungere l’universale tramite l’uso della sua esperienza più individuale e unica. Vuole riavvicinare le persone e farle riflettere sull’importanza dei gesti e delle esperienze più semplici, quelle che accomunano tutta la specie umana. Raggiunge l’obiettivo anche grazie alle riproduzioni di oggetti d’uso quotidiano quali lampade, scaffali, medicine e quant’altro, tutto in scala 1:1.

Do Ho Suh ha commentato: “Vedo la vita come un passaggio, senza né inizio né destinazione fissa. Noi tutti tendiamo ad essere troppo concentrati sulla destinazione e finiamo così per dimenticarci degli spazi intermedi. “

In tempi di crescente globalizzazione e migrazione, fermarsi a riflettere sul significato degli spazi che viviamo nel quotidiano è più importante che mai. Il lavoro di Suh nasce dall’esigenza di scoprire il rapporto tra il concetto di identità e i contorni di questi spazi. La scelta dei materiali stessi, quasi sempre trasparenti, lascia intuire quanto questi confini siano in realtà labili, offuscati da una realtà che va oltre quella del mondo materiale.

Una vita itinerante

La necessità di analizzare il rapporto tra gli spazi e le persone che li vivono nasce come risposta alla vita personale dell’artista. Suh stesso ha infatti dovuto emigrare più volte, ritrovandosi spesso nella situazione di dover ricostruire nuovi legami con persone e luoghi distanti dalla sua cultura d’origine. 

Il contrasto tra Stati Uniti e Corea del Sud gioca un ruolo non indifferente nel suo lavoro come artista. Nell’ideazione e sviluppo delle sue opere Suh si confronta sempre con la sua stessa identità, segnata dalla molteplicità dei luoghi vissuti. Ad esempio, Stati Uniti e Corea hanno culture molto diverse e modi di intendere i concetti di individuo e collettivo quasi all’opposto. Nel suo lavoro, Suh pone il personale in opposizione all’universale, il materiale al fianco dell’immateriale e l’individuo contro l’identità collettiva.

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