In the picture: Surinamese musicians protesting against Gouden Koets. Credit: 31mag
Il direttore del nuovo Rijksmuseum rompe con il passato e dà il via libera ad una mostra sulla schiavitù. “La collezione del Rijksmuseum racconta la storia dei Paesi Bassi”, collegata con molti paesi”, dice il neo direttore Dibbits al Volkskrant. “Buona o cattiva è parte di quella storia e deve essere affrontata”
Taco Dibbits infrange la tradizione dei suoi predecessori che avevano prestato poca o nessuna attenzione al lato oscuro della storia olandese. Quando l’istituzione ha riaperto nel 2013 ha scelto l’ex direttore Wim Pijbes che si è orientato su un mix di arte e storia, pilastri che prima erano separati nel museo. L’enfasi sui successi era: lo spirito mercantile olandese, il commercio, i maestri pittori come Rembrandt e Vermeer e il boom economico nella Golden Age. Motto: il museo è il tesoro dei Paesi Bassi. Dibbits intende ora mostrare come gli olandesi sono venuti in possesso di alcuni di questi tesori. Lo scorso anno, quando ha assunto l’incarico, non sembrava orientato ad una scelta tanto radicale ma ora la sua visione intende infrangere uno dei tabù del museo: parlare del periodo della schiavitù.
“I tesori del Museo Nazionale e la sua arte non sono solo storia olandese, ma patrimonio mondiale.”, ha detto al quotidiano di Amsterdam. Si tratta di una rottura con la visione moderata-nazionalista del suo predecessore.
colonie
Il museo ospita molti oggetti che parlano del periodo della schiavitù: diorami, molte incisioni e numerosi dipinti con immagini di schiavi, e ci sono bambini schiavi come servi ritratti nei dipinti.
In un senso più ampio, molte opere testimoniano il lato oscuro della marina olandese; il famigerato ‘tesoro Lombok è costituito da gioielli che sono stati rubati dall’esercito olandese-indiano alla popolazione Tjakra Negara. Il rapporto con le ex colonie è visibile anche in altre opere, come ad esempio il ritratto di un soldato nero del KNIL e in ritratti di vita di aristocratici giavanesi.
Gert Oostindie, professore di storia coloniale all’Università di Leiden e Sylvana Simons, leader del partito Artikel 1 parlano di una decisione “positiva e condivisibile”.