di Natalina Rossi
Mercoledì 8 agosto al Filmtheater de Uitkijk è stato proiettato il film del 1960 diretto da Federico Fellini La dolce vita considerato il capolavoro del regista.
Si tratta di un film di rottura con il neorealismo e l’opera consacratrice del cinema “felliniano”, un cinema esteticamente vorticoso, estatico, decadente, mondano, e feroce – che racconta l’abulia di una società paiettata e mondana, la noia e il vuoto esistenziale che si porta dietro -.
Ieri pomeriggio, entrando nella piccola sala del cinema De Uitkijk gremita di anziani olandesi dallo sguardo raffinato, mi sono chiesta quanto sarebbe apparso distante, a tratti surreale, quel mondo così scomposto e osceno, scandaloso e depravato, pieno di indecenza esteriore ed intima – seppure così ipnotico – a questi uomini dai capelli bianchi che vivono come cigni neri sulle loro biciclette eleganti.
Il film si apre, infatti, con una scena grottesca e molto familiare a una certa tradizione italiana.
Nel cielo mattutino romano compare una statua di Gesù Cristo trasportata da un elicottero con a bordo giornalisti e paparazzi – e al seguito ragazzi di periferia e ricche signore che popolano gli attici del centro storico.
Il protagonista, Marcello Rubino, è un giornalista che lavora, insieme ai paparazzi senza contegno, per un giornale scandalistico alla ricerca dello scoop tra le strade di una Roma mondana e inconsistente.

Dalle serate smodate alla ricerca del divertimento cabarettistico, ai rioni degradanti popolati da prostitute, fino ai salotti abitati da intellettuali sguaiati e goderecci. E’ questa la realtà sociale che racconta Fellini attraverso l’involuzione emotiva del personaggio – interpretato da Marcello Mastroianni -, che passa da pensatore e aspirante scrittore a cabarettista di bassa lega dentro una villa opulenta e annoiata della “Roma bene”.
I personaggi felliniani sono strabordanti, pieni di un vitalismo disperato, che racconta l’angoscia di una certa società contemporanea. Ricca e vuota.
Non esiste sfumatura nella rappresentazione del sé. Dall’attrice svedese Sylvie (Anita Ekberg), alla donna fedele di Marcello, Emma (Yvonne Furneaux) – si tratta di personaggi esasperati dalle proprie stesse virtù, o dall’assenza di esse.
Si finisce, dentro questo scenario opulento e miserabile, dentro vecchi castelli abbandonati alla ricerca di fantasmi regali, insieme a principi e principesse decrepiti.
La dolce vita è un film che racconta con precisione, lo sgomento di chi sceglie, per atarassia o intrattenimento miserevole, una vita lontana dal sentimento autentico – fatta di cene e cabaret, finzione e morte.
Il Filmtheater de Uitkijk è il cinema in cui accadono piccoli miracoli estetici.
Dopo il racconto della Roma arrogante e mondana, stasera sarà proiettato alle 21 il film di Marco Tullio Giordana La meglio gioventù, la storia della società italiana dagli anni Sessanta fino ai giorni nostri.
Sarà una notte lunga e memorabile. Non perdetevi lo spettacolo.