di Alessandro Pirovano
Le polemiche sull’eredità del periodo coloniale riaffiorano periodicamente nel dibattito pubblico dei Paesi Bassi. L’ultima ha tirato in mezzo anche il primo ministro Mark Rutte, accusato dall’avvocata Liesbeth Zegveld di frenare un accordo generale sulle violenze e le violazioni di diritti umani avvenute degli anni della guerra di liberazione indonesiana (1945-1949).
Secondo quanto riportato dalla testata NRC, infatti, la giurista è convinta che di fronte all’aumento dei casi portati di fronte ai tribunali olandesi dai famigliari delle vittime sia mancata, negli ultimi anni, la “volontà politica” del primo ministro Rutte di raggiungere un accordo complessivo sui crimini coloniali olandesi, capace non solo di evitare l’accumularsi di ricorsi individuali senza fine ma di dare anche l’opportunità all’Olanda di fare definitivamente i conti con una delle pagine più buie del suo passato.
In questo senso l’avvocata ha fatto riferimento al caso delle vedove Rawagede che nel 2011 hanno ottenuto giustizia per il massacro di mariti e figli nel 1947, ricevendo non solo sostanziose compensazioni ma anche le scuse ufficiali dell’ambasciatore olandese in Indonesia per le “azioni dell’esercito olandese”. Oggi, invece, complice anche il disinteresse del primo ministro Rutte e degli stati maggiori della politica del paese, sembra più difficile che atti del genere si possano ripetere.