L’Università di Amsterdam occupata, nel 2015, è già una notizia; ma che l’occupazione superi le 5 settimane e diventi un caso nazionale ed internazionale è certamente una storia che va osservata da vicino.
Il perchè della protesta
Tutto è iniziato a fine febbraio, con una protesta interna all’Uva: gli studenti di alcune facoltà lamentavano l’eccessiva intraprendenza “immobiliare” del Consiglio di Amministrazione che aveva deciso di disfarsi di uno dei suoi gioielli: il bungehuis, una delle sedi dell’Università di Amsterdam, in Spuistraat, a pochi passi da piazza Dam è stato venduto alla catena di hotel di lusso Soho. E questa è solo l’ultima di una serie di operazioni, che a detta di studenti ed alcuni docenti, avrebbe solo fine speculativo: il Consiglio di Amministrazione si improvvisa imprenditore mentre l’Università soffoca, tra i tagli imposti dal governo, la riduzione e precarizzazione del personale ed il deterioramento della qualità didattica, denunciano gli studenti, soprattutto delle facoltà umanistiche.
Bungehuis occupato
Il 13 febbraio, con un blitz, docenti e studenti occupano il Bungehuis per costringere i vertici dell’ateneo a sedersi ad un tavolo di trattativa ma la risposta è stata “manu militari”: il sindaco ha ordina lo sgombero dell’edificio, durante il quale sono state arrestate 46 persone. Forse un po’ troppa durezza per una protesta studentesca ma Bungehuis è a Spui, una strada ben nota per l’attivismo politico e una zona che il comune sta cercando con ogni mezzo di “normalizzare”, iniettando denaro ed edifici di lusso laddove fiorivano proteste e controcultura. E a quella durezza, si è aggiunto lo psico-dramma della Rettore dell’Uva, la signora Gunning; ad infiammare una situazione già esplosiva, il Rettore ha messo il carico da novanta contro gli studnti pretendendo che ogni occupante del Bungehuis pagasse 1000 euro al giorno a testa per gli 11 giorni di occupazione. Forte della sua posizione di natura politica (la Gunning è infatti rettore in quota Pvda, il partito laburista) ha creduto di poter chiudere cosi la partita ma l’iniziativa si è rivelata un boomerang: il 24 febbraio, dopo un corteo studentesco per le strade del centro della capitale, a sostegno degli arresti al Bungehuis, un gruppo di studenti occupa il Rettorato, l’ormai celebre Maagdenhuis.
Maagdenhuis occupato
Le immagini del Rettore di ferro, la manager dipinta dalla stampa olandese come una donna sensibile ma poco a suo agio con il dialogo, che entra nel Rettorato invaso di studenti, protetta dal sindaco e dal suo seguito, hanno lasciato il segno; lo stesso van Der Laan, che ha difeso ogni scelta della collega di partito, ha dovuto ammettere che la richiesta di 1000e ad occupante per le agitazioni del Bungehuis “è stato un grave errore”.
Da quel giorno di 5 settimane fa, il Maagdenhuis è diventato il centro di un revival della contestazione studentesca ad Amsterdam: seminari, lezioni autogestite, mensa sociale. Lo stesso edificio era stato nel 1969 teatro di violenti scontri tra studenti e polizia. Oggi come allora, gli studenti chiedono più democrazia e meno “managerialismo” e come allora, l’opinione pubblica è divisa tra chi sostiene la protesta e chi invece chiede pene esemplari per gli occupanti. Sulla stampa olandese si rincorrono gli appelli di opinionisti che chiedono al sindaco lo sgombero immediato e la massima durezza contro la protesta: non ci sono più studenti ma solo “attivisti di professione” dediti al bivacco, dicono.
Nonostante tutto, le trattative proseguono ed entro fine settimana, il Consiglio di Amministrazione e gli occupanti, potrebbero raggiungere un accordo.
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