VLUCHTELINGEN

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Caso Acquarius, l’esperto a 31mag: “Navi di ngo battenti bandiera olandese? Se tutti chiudessero i porti, la responsabilità sarebbe de l’Aja”

di Massimiliano Sfregola

 

Il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, se l’è presa con l’Olanda: fermino le navi delle ngo, ha scritto in un Tweet. Almeno le navi delle organizzazioni Lifeline e Seefuchs che pur essendo ngo tedesche, battono bandiera olandese.

Nel pomeriggio la nota della missione diplomatica olandese presso l’UE: le ngo non sono registrate nei Paesi Bassi.

Quindi, almeno in teoria, non c’è nulla che il governo dell’Aja possa fare. 

 

Per capire qualcosa in più, abbiamo contattato Eugenio Cusumano, docente di Relazioni Internazionali all’Università di Leiden e esperto di ngo del Mediterraneo. Ma insomma, Toninelli l’ha detta davvero grossa?

“La navigazione commerciale odierna prevede un sistema a registri aperti secondo il quale chiunque può omologare la propria imbarcazione in un Paese qualunque  pur non essendovi residente” spiega Cusumano “a condizione di adempiere agli obblighi di legge previsti. Per questo molte navi battono bandiere di convenienza, come quelle delle isole Marshall, di Panama e della Liberia.

Come ogni altra associazione privata, le ONG possono registrare le loro navi dove vogliono ed è irragionevole chiedere che il governo olandese le privi della bandiera.” Le imbarcazioni sono, quindi, ‘porzioni galleggianti di territorio olandese’? “Le imbarcazioni non sono di proprietà dell’Olanda quindi non può riprendersele”, prosegue il docente. “Non è neppure del tutto vero che le imbarcazioni delle ONG siano esattamente territorio olandese: è una semplificazione quasi caricaturale del diritto internazionale marittimo; sono semplicemente luoghi (in certa misura) soggetti alla giurisdizione olandese.”

Nel caso Acquarius, e sul piano del diritto umanitario, l’Italia potrebbe aver compiuto delle violazioni? “La dottrina giuridica non è unanime: l’opinione prevalente, tuttavia, è che l’Italia non abbia necessariamente violato il diritto del mare una volta che la Spagna ha accettato di farsi carico dei migranti. D’altronde le convenzioni SOLAS, SAR, e UNCLOS parlano di ‘porto sicuro’ e pur essendo la Spagna un ‘porto sicuro’, non è certamente il ‘più vicino’.

Tuttavia, Valencia si potrebbe ritenere un porto ragionevolmente vicino, e il governo italiano ha preso tutte le precauzioni del caso per evitare ai migranti rischi eccessivi e su questo versante, i giuristi del mare ritengono che non ci siano violazioni evidenti del diritto internazionale.”

Il caso Acquarius è, tecnicamente, un respingimento (vietato dal diritto internazionale, n.d.r.)? ” Per quanto non sia da escludere la possibilità che l’Italia venga, in una fase successiva,  considerata colpevole di un respingimento anche nel caso Aquarius, qualora lo fosse si tratterebbe di un caso meno grave.”, continua Cusumano.

“Le implicazioni del caso Aquarius sono rilevanti anche per le imbarcazioni battenti bandiera olandese: l’Olanda, come la Spagna, è un ‘porto sicuro’ ma, come e molto di più della penisola iberica, non è certamente il ‘più vicino’.”

Ma è vero che le due imbarcazioni olandesi violano il codice di condotta delle ngo, stilato dal governo italiano? “La posizione espressa da Toninelli è effettivamente che le imbarcazioni battenti bandiera olandese, Seefuchs e Lifeline (prima nota come Sea-Watch 3 e da questi ceduta a Mission Lifeline) violino il codice di condotta perché non sono equipaggiate per  missioni SAR (Search and Rescue, n.d.r.).

In effetti si tratta di navi dalle capacità modeste e con ciurme di volontari ma alla luce di quanto detto, tuttavia, pensare di obbligare quelle imbarcazioni a condurre un viaggio attraverso l’Atlantico per sbarcare i migranti in Olanda appare piuttosto illogica: data la distanza, non credo dunque esista la possibilità per il governo italiano di considerare il porto di Rotterdam.”

Se la situazione si facesse di vera emergenza, prosegue il docente italiano, e nessun Paese accettasse le imbarcazioni, allora l’Olanda verrebbe chiamata in causa perchè sulla prua di quelle navi, sventola il vessillo dei Paesi Bassi: “Le Seefuchs e Lifeline (e anche la più grande Sea-Watch 3) sono soggette alla  giurisdizione olandese e qualunque violazione del diritto a bordo di queste navi sarebbe sottoposto alla giurisdizione delle sue corti”

In questo caso, se la questione non si potesse risolvere per vie diplomatiche, allora l’Olanda si troverebbe responsabile nel gestire la crisi umanitaria creata dalla chiusura dei porti italiani e potrebbe essere costretta ad accettare lo sbarco dei migranti salvati sul proprio “territorio”.

 

 

 

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