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Caccia alla frode: genitori costretti a restituire le indennità ingiustamente

Per anni il fisco ha fissato obiettivi molto rigidi per quanto riguarda gli importi da recuperare sulle indennità versate. Se non riusciva a raggiungerli, esaminava un numero maggiore di ‘potenziali truffatoti’, riporta il Telegraaf. Questi obiettivi, a volte impossibili, hanno provocato il cosiddetto ‘scandalo dell’assegno per l’infanzia’ per una ‘caccia alla frode’.

Migliaia di genitori, infatti, sono stati etichettati ingiustamente come truffatori: venne ordinato loro di rimborsare le indennità per i  figli, lasciandoli in situazioni difficili, ha scritto il difensore civico nazionale. Il comitato Donner, che ha indagato sulla faccenda, ha parlato di ‘corruzione morale’ da parte dell’autorità fiscale.

Questi rigidi obiettivi nascono dagli accordi del 2013 per evitare il dilagare di frodi.

Nell’estate 2018, ad esempio, il dipartimento aveva avvertito che il credito minimo, per quanto riguarda la frode commerciale, 25 milioni di euro, non sarebbe stato raggiunto. Per questo il dipartimento ha controllato molte più persone del necessario.

Un portavoce della Segretaria di Stato Alexandra van Huffelen, responsabile per le indennità, ha dichiarato che questo metodo di ‘caccia alle frodi’ è entrato in vigore nel 2013 ma è stato abbandonato l’anno scorso. “Raggiungere obiettivi finanziari non può essere il fine del dipartimento” ha dichiarato. “Le persone che ne hanno diritto devono ricevere le indennità, evitando errori nelle domande”.

Il portavoce ha anche detto che niente indica che i dipendenti siano stati valutati sulla base della quantità di denaro recuperata. Inoltre, per quello che hanno verificato, non vi sarebbero stati bonus per coloro che sono stati più attivi in questa ‘caccia alla frode’.

 

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