Un centro per rifugiati a Bruxelles-Molenbeek, originariamente destinato ai rifugiati ucraini, ha ricevuto l’ordine di cessare le operazioni. Lo afferma un rapporto ufficiale che la sindaca Catherine Moureaux (PS) aveva redatto. Secondo Moureaux, il comune sta già facendo abbastanza e non può accogliere anche altri richiedenti asilo da altri paesi. Il sottosegretario per l’asilo e la migrazione Sammy Mahdi (CD&V) si rammarica della comunicazione e chiede spiegazioni alla politica socialista, dice il portale fiammingo VRT.
All’inizio di marzo era stato aperto il nuovo centro “Home Sebrechts” a Molenbeek. In un ex centro residenziale che ha chiuso i battenti un anno prima. Fedasil, l’agenzia che accoglie i richiedenti asilo durante la loro procedura, ritiene che il luogo sia adatto ad ospitare i richiedenti asilo, poi è scoppiata la guerra in Ucraina e l’agenzia per i rifugiati ha utilizzato il posto come luogo di transito: i profughi potevano rimanere lì da uno a tre giorni, dopodiché sarebbero stati trasferiti nei centri di accoglienza nei comuni di tutto il paese. Addirittura il re e la regina erano intervenuti a mostrare il loro sostegno e il sindaco di Molenbeek Catherine Moureaux (PS) non aveva espresso obiezioni.
Ma da quando Fedasil ha iniziato ad utilizzare il centro anche per altri richiedenti asilo, non provenienti dall’Ucraina, quando il numero di questi ultimi ha iniziato a calare, la sindaca si è opposta: secondo lei, Molenbeek sta già facendo abbastanza per i richiedenti asilo (quelli non ucraini).
La sindaca è passata alle maniere (amministrative) forti: utilizzando il regolamento comunale ha imposto al centro di cessare le attività perchè “non conforme al piano regolatore” provocando un incidente con il governo centrale. L’esecutivo federale sta cercando di far ragionare la sindaca e il sottosegretario Madi si dice sorpreso della decisione mentre la situazione sta creando molte difficoltà ai richiedenti asilo, dice VRT: a causa dell’ordinanza della sindaca, i rifugiati non possono registrarsi presso il centro ed accedere ai servizi del comune.
Dal comune dicono che c’è una lunga lista d’attesa al servizio civile e che devono aspettare il proprio turno, ma a dieci settimane dai primi tentativi nessuno dei residenti è iscritto all’anagrafe comunale. Di conseguenza, non ricevono la necessaria “carta arancione” ed è più difficile per i richiedenti asilo organizzare l’amministrazione, ad esempio, per lavorare o una tariffa ridotta sui mezzi pubblici, spiega VRT.
“Il caso illustra un problema più ampio all’interno dell’approccio migratorio. La ricerca di edifici adeguati non è facile e quando Fedasil trova una soluzione incontra spesso resistenze locali.
Qui emerge anche il contrasto con l’accoglienza dei profughi ucraini. Migliaia di posti di accoglienza sono stati creati per loro presso i comuni in un breve lasso di tempo”, conclude il media fiammingo.