Al ministro delle finanze olandesi e capo dell’eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, è stato chiesto di riferire in parlamento su una norma che, in materia di prelievo fiscale, ha fatto risparmiare alle banche olandesi circa 350 milioni di euro annui.
Dijsselbloem: il plenipotenziario laburista che lo scorso maggio, in un’intervista al settimanale Vrij Nederland, sosteneva che i politici olandesi dovessero prendersi una pausa di almeno “un paio d’anni” prima di passare al settore privato. Lo stesso Dijsselbloem che definiva vulnerabile e in odore di conflitto d’interessi il sistema, tanto diffuso a livello Europeo, delle “porte girevoli” tra politica e alta finanza.
Pare che a sollevare la questione sia stato il giovane compagno di partito Henk Nijboer, segno forse di malumori all’interno dello stesso PvdA, incassando il supporto di Verdi (GroenLinks), Socialisti (SP), come pure dei cristiano democratici in quota CDA.
“Nessuno scrive le leggi per noi”, hanno replicato dal Ministero. Ma, secondo NRC, esperti del colosso ING e altri gruppi olandesi avrebbero portato avanti una lunga opera di lobby (a partire dal 2011) con lo scopo di rendere esentasse un particolare tipo di bond, il CoCo, andata poi a buon fine nel 2014 con l’approvazione di un emendamento ad hoc.
Opera lobbistica, continua il quotidiano, coronata da un informale disegno di legge spedito dal governo agli esperti di diverse banche, dando la possibilità a ciascuno degli istituti di esprimere i relativi suggerimenti. Che, sostengono ora alcuni, sarebbero poi stati presi alla lettera dai legislatori.
Nonostante Dijsselbloem abbia poi riferito in parlamento qualche giorno fa, la Commissione Europea ha contattato il governo per ottenere ulteriori informazioni. Per i burocrati di Bruxelles potrebbe trattarsi di un (illecito) aiuto di stato che l’Olanda, nel peggiore dei casi, potrebbe dover restituire.
Come successo nella vicenda Starbucks.