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di Paolo Rosi
All’inizio il quartiere Zuid era un enorme polder. La città del primo Novecento si fermava ai piedi di Vondelpark, dove sorgevano ricche abitazioni e lo stretto quartiere De Pijp. Ma presto Amsterdam cominciò ad allargare il confine meridionale e quando nella capitale arrivarono le Olimpiadi (1928), i giochi richiesero la costruzione di un edificio adeguato: questa è la storia dell’Olympisch Stadion, il primo d’Olanda.

La fiamma olimpica, il crowdfunding e il posacenere dei piloti KLM
La struttura, in pieno stile Amsterdamse School, fu disegnata da Jan Wils, rinomato architetto bravissimo nel coltivare amicizie influenti, vicino alla dirigenza del Comitato Olimpico Nazionale (NOC) nonché pioniere del social housing in odore di socialismo e massoneria.
“Peccato che a Den Haag lo stadio non lo volessero”, racconta a 31mag Jouke van der Werf dell’Ufficio Monumenten en Archeologie di Amsterdam, “Più che altro perché i giochi si sarebbero tenuti anche di domenica, giorno sacro per i cattolici.” Capitò così che per costruire lo stadio venne organizzato uno dei primi crowdfunding della storia moderna: “Ci fu una grande mobilitazione nazionale prima che iniziassero i lavori”, chiosa l’esperto, “e furono i cittadini di altre città come pure i negozianti e gli abitanti di Amsterdam che resero l’opera possibile”.
Ma non finisce qui. Sempre nel complesso rosso di Stadionplein, secondo alcuni fu accesa per la prima volta la fiamma olimpica (invenzione del tutto moderna); proprio sulla torre del maratoneta, forse per permettere alla ‘luce del progresso’ di fronteggiare le nuvole del conservatorismo. O magari per sbeffeggiare chi lo stadio non lo aveva voluto.
“La fiamma continuò a bruciare per tutta la durata della manifestazione in una bilancia di pietra che nel tempo divenne il ‘posacenere dei piloti KLM’, dato che ogni edificio di Amsterdam ha un soprannome”, continua der Werf, “All’Olympisch fu anche la prima volta in cui le donne presero parte a tutti i giochi, la prima volta che vennero usati assieme il simbolo e il motto voluti da Pierre de Coubertin [i cinque anelli e il Citius, Altius, Fortius n.d.r.]”. Ma anche la prima volta che venne eretta una statua raffigurante il saluto olimpico: simbolo che ricorda inequivocabilmente il saluto romano e che venne di fatto abbandonato dopo la caduta del Terzo Reich.
Il secondo dopoguerra e il nuovo stadio di Rotterdam

Nel corso del secondo dopoguerra, però, lo stadio perse gradualmente d’importanza contemporaneamente all’ampliamento e allo spostamento degli investimenti verso il De Kuip di Rotterdam. “Nel 1987 il consiglio municipale propose addirittura la demolizione dell’edificio, nonostante le ultime ristrutturazioni risalissero agli anni sessanta”, racconta infatti Petra Brouwer, professoressa di Storia dell’Architettura all’UvA, “Ma caso vuole che il Monumentenzorg [i Beni Culturali olandesi n.d.r] bloccasse tutto, anche perché le proteste della popolazione si fecero sentire. Nel ’96 partì così un piano di salvataggio affidato ad architetti esperti del settore.”
Oggi lo stadio è gestito dalla Stichting Olympisch Stadion Amsterdam e dal fondo d’investimento immobiliare Bouwinvest; ospita per lo più eventi, qualche manifestazione sportiva e una trentina di compagnie commerciali. A fianco dell’entrata un bronzeo seminudo fa ancora il saluto olimpico alle opere circostanti di ‘riqualificazione urbana’. Attorno allo stadio, infatti, stanno nascendo e nasceranno nuovi hotels, nuove infrastrutture sportive, centri commerciali ma soprattutto nuove abitazioni.
“Stanno nascendo molte case, anche sociali, mentre per alcune delle più vecchie e vicine zone sono usciti, di recente, piani sperimentali dedicati soprattutto alle iniziative dei privati”, conclude Petra. Di soldi insomma ne girano parecchi e il valore dei terreni, come degli immobili, potrebbe stimolare il mercato e attirare facoltosi investitori.