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Ad Amsterdam chiudono i locali alternativi. E un’organizzazione propone: salviamoli con il crowdfunding

E’ un trend costante, ormai, accelerato dalla pressione del mercato immobiliare e dal prestigio internazionale guadagnato dalla capitale ma da qualche tempo a questa parte, i locali alternativi stanno chiudendo uno dopo l’altro.

All’inizio di febbraio, dice Amsterdam Alternative, è toccato a Parc Pacific, un bar/ristorante/locale notturno a Westergasterrein dove spesso si esibivano gruppi e dove si potevano ascoltare punk, rock & roll, ska, reggae, dub e cumbia.

O meglio: il locale cambia. Ingresso a pagamento, stile più ricercato, generi che soddisfino la nuova clientela che cerca house, jazz, soul e hip-hop.

A guardare la lista di locali alternativi, oltre ai centri sociali, che uno dopo l’altro hanno chiuso battenti si legge la mappa della città che cambia volto: a marzo 2018 è toccato al Winston Kingdom, poi a Blijburg al Roest, allo Sugar Factory, quindi all’ADM e ora al Pacific Parc

La maggior parte dei posti citati erano commerciali, nel senso di attività con fine di lucro ma certamente offrivano una programmazione con molta cultura alternativa e attività mirate anche a subculture o movimenti di nicchia.

Pacific Parc è stato acquistato da un grande gruppo che ha scelto di sbarazzarsi del vecchio stile del locale, perchè non “redditizio” rispetto ad altri locali che hanno aperto nell’area.

La cultura alternativa e la programmazione più “cutting edge” non se la passa bene in un contesto commerciale e consumistico come quello della Amsterdam di oggi. Le condizioni che hanno consentito a posti “diversi” come questi di sopravvivere -affitti accessibili, prezzi contenuti e ambiente rilassato- stanno venendo meno e il risultato è la sparizione di subculture iconiche della città.


Il circuito alternativo sta rapidamente diventando più piccolo ad Amsterdam e ciò segue il trend avviato dopo la messa al bando degli squat nel 2010 e la rapida gentrificazione di gran parte delle aree della città. Una possibile soluzione, scrive Amsterdam Alternative, è quella di un acquisto collettivo dei locali alternativi per salvarli dalla speculazione con il crowdfunding.

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