Vent’anni fa andava, letteralmente, in fumo uno dei club iconici di Amsterdan, il club Roxy. Era il 21 giugno 1999 e dopo la tragica fine di quell’esperienza, non è mai stato ricostruito.
Club trasgressivo, aperto alla comunità LGBT, in stile “berlinese” con una policy alla porta rigidissima per creare un’atmosfera familiare e riservata a chi fosse davvero interessato a cosa la venue aveva da offrire. Secondo i libri scritti su quel posto leggendario, entrare era una vera lotteria. Ma degli show organizzati dal locale, dalle serate con dj internazionali a vere e proprie performance teatrali e dell’ampia tolleranza per droghe e sesso libero, parlavano tutti. Anche lontano da Amsterdam.
Oltre agli eventi, il Roxy era celebre per la produzione artistica: erano presenti nello spazio opere di Capaan, Jan Verburg, Rob Scholte, Erwin Olaf e Jurriaan van Hall. Un ruolo centrale l’aveva il “light designer”: nel locale, infatti, la luce era considerata un elemento fondamentale.
L’incendio, in un edificio storico su Singel, deflagrò durante la festa di addio del defunto fondatore Peter Gielen.
Cleo Campert è stato il fotografo in-house del Roxy per circa dieci anni. Era presente durante l’incendio e racconta ad AT5: “Le fiamme sono uscite dal tetto, mentre eravamo lì”. Venne autorizzato ad entrare di nuovo nell’edificio pochi giorni dopo, per scattare immagini del danno. “È stata un’esperienza bizzarra; terribile. L’intero Roxy era letteralmente collassato. Il soffitto era crollato e intorno c’era un vero disastro”.
“La scomparsa del Roxy ha lasciato un’enorme vuoto nella vita notturna di Amsterdam”, dice il giornalista musicale Job de Wit, che ha scritto un libro sul Roxy.
Il club aveva una rigida politica alla porta per i non membri. “L’idea era che tutti quelli che si trovavano all’interno si sentissero al sicuro”, spiega Campert. “Se i buttafuori avevano la minima percezione che qualcuno avrebbe dato fastidio agli altri, aveva una certa idea non compatibile con i valori del posto, oppure erano troppo ubriaco, non sarebbero stato ammesso.”